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Collepadro

Centro storico

La Piega nella roccia

Il centro storico di Collepardo si sviluppa lungo la cresta di un colle roccioso. Per rendersi conto di come le sue fondamenta siano nella roccia basta percorrere il vicolo della Piega. Qui un’alta e fratturata parete rocciosa segna il limite settentrionale dell’abitato medievale su cui si scorgono le rovine dell’antico castello (La Rocca).
La roccia di Collepardo e dei monti Ernici è calcarea, ossia costituita da carbonato di calcio. Questo minerale deriva dai gusci di organismi marini che in milioni di anni si sono sedimentati sul fondale di un antico mare!
Prima che si formassero le montagne, infatti, c’era un mare dal fondale basso e dalle acque calde e calme abitato da tantissimi organismi con guscio che morendo si depositavano sul fondale. Nell’era Mesozoica, tra 250 e 65 milioni di anni fa, la sedimentazione e compattazione di questo deposito naturale formò degli strati di calcare. Nel tempo il fondale calcareo diventò sempre più spesso fino a quando non si sollevò a causa dei movimenti delle placche tettoniche e si formarono le montagne.

Il nome del popolo degli Ernici potrebbe derivare dall’antica voce marsicana ‘herna’ che significa proprio ‘pietra’. Il nome stava ad indicare come la gente ernica abitasse tra le rocce di queste montagne.
Percorrendo i sentieri dei monti Ernici osserva le rocce che ti circondano potresti scoprire dei fossili di organismi marini!

Gli inquilini della Loja

La loggia del Palazzo comunale medievale, detta Lója, mette in comunicazione la piazza del Municipio con piazza della Libertà dove, un tempo, c’era l’antico cimitero attiguo alla chiesa. Lo spazio architettonico aperto e coperto da arcate è un sito di nidificazione per le rondini che ogni anno, in primavera, tornano dall’Africa ad occupare i loro nidi.
La parola ‘rondine’ indica comunemente una famiglia di uccelli passeriformi (Irundinidi) che hanno una forma corporea esile, aerodinamica e lunghe ali puntate, e che cacciano gli insetti in volo. Tra gli Irundinidi che nidificano nel centro storico di Collepardo, vi sono i balestrucci e le rondini comuni.

Il nido del balestruccio si presenta a coppa chiusa ad eccezione del foro d’ingresso superiore, il nido della rondine è a forma di coppa interamente aperta sopra.

Sapresti dire di chi sono i nidi della Loja?

I cieli di Collepardo sono sorvolati anche dalla rondine montana che nidifica, però, in ambienti naturali calcarei, e dal rondone che assomiglia alla rondine anche se non fa parte della stessa famiglia. Questo uccello dalle lunghe ali falciformi trascorrere l’intera vita in volo continuo toccando il suolo solo per nidificare!

Una cinta muraria per tutti!

Le mura di Collepardo costituiscono l’antico sistema difensivo dell’abitato sviluppatosi già a partire dal XIII sec., in particolare sul lato occidentale più esposto e accessibile dove ancora oggi si possono contare diverse torri.
Le mura in pietra calcarea sono un habitat straordinario per tantissimi organismi che riescono a vivere fra le crepe e le fessure della roccia quasi in assenza di suolo. Le pareti che in alcuni tratti poggiano direttamente sulla roccia possono presentare zone molto umide, a causa di infiltrazioni d’acqua o condensazioni, e zone esposte al sole, che possono essere molto calde e secche.
In questo ambiente c’è tanta vita!
Ci sono tantissime specie di piante come la borracina che può vivere con poca acqua perché ha dei tessuti specializzati per accumularla e immagazzinarla; l’ombelico di Venere, la cimbalaria, la parietaria, …e una delle piante più belle e uniche dell’appennino centro – meridionale: la Campanula fragilis!
Si trova un piccolo crostaceo come il porcellino di terra che ha bisogno di umidità e quindi si muove soprattutto di notte e di giorno si nasconde tra i sassi e quando si sente in pericolo si appallottola formando una sfera.
Si incontrano diverse specie di molluschi che possono attirare le larve delle lucciole ghiotte di lumache! In passato anche ai collepardesi piacevano le lumache che raccoglievano e cucinavano.
E i millepiedi che qui chiamano ‘piscialetto’ forse perché producono sostanze repellenti color arancione di cattivo odore che escono da una serie di pori situati a lato del corpo.

Via del fiume

Via del Fiume è l’antica strada che dall’abitato porta al torrente Fiume. La strada ha due accessi in corrispondenza delle due antiche porte (porta a Monte e porta a Valle) e questo ci racconta l’importanza che aveva questa via per gli abitanti del borgo che potevano accedervi con facilità a prescindere dalla parte di paese che abitavano.
Un tempo era molto frequentata perché al fiume si andava a prendere l’acqua e a lavare i panni quando ancora non c’erano le fontane e i lavatoi. Immaginate la fatica delle donne che scendevano la via scoscesa con i recipienti di rame per l’acqua (la tina) e con le ceste di panni da lavare e risalivano con le tine piene sopra un fazzoletto arrotolato sulla testa (la croglia), in modo da avere le braccia libere per portare anche le ceste dei panni puliti! 
Per la via del Fiume si raggiungevano gli orti, i campi ed anche il mulino (la via anticamente era chiamata proprio ‘strada della mola’). Inoltre, proseguendo per la valle del Fiume si raggiungeva la frazione di Civita.

Il mulino ad acqua di Collepardo

Scendendo per la via del Fiume (anticamente ‘strada della mola’) si raggiungeva il mulino sul torrente Fiume. L’antico mulino fu dismesso intorno al 1952-53. I ruderi non sono più visibili perché ricoperti da una folta vegetazione.
Il mulino era un elemento fondamentale nella vita dei collepardesi. In passato si produceva tutto il necessario per vivere compresa la farina, ingrediente base di tanti prodotti della nostra cucina (pane, pizza, pasta, dolci ecc.). La farina si ricava dai semi di una pianta che veniva coltivata diffusamente a Collepardo: il grano. Quando i semi maturavano si mieteva il grano e si battevano le spighe in modo da far uscire i semi. Ed è qui che entra in gioco il mulino.
Il mulino sfrutta la forza del movimento dell’acqua per far girare la ruota che tramite un sistema di ingranaggi aziona la macina, una pietra rotante che tritura e macina i cereali, ed ecco la farina! L’acqua che arriva al mulino passa per un canale artificiale (forma) in modo da poter essere regolata.

Per capire come funziona un mulino ad acqua basta immergere nel torrente una tavoletta di legno tenendola ben stretta senza lasciarla andare e sentire la forza del movimento dell’acqua su quell’oggetto.

Grotte di Collepardo

A Collepardo, come in tutto il territorio dei monti Ernici, avviene un fenomeno a dir poco sconvolgente: le rocce si dissolvono interagendo con l’acqua!
Ma non ci allarmiamo! Questo fenomeno naturale, chiamato carsismo, si sviluppa in centinaia e migliaia di anni a seguito della lunga esposizione delle rocce calcaree alla dissoluzione chimica da parte delle acque piovane. Questo fenomeno è in grado di modellare la superficie terrestre e il sottosuolo formando doline, inghiottitoi e grotte. Ed è per questo che a Collepardo ci sono tante grotte.
Sotto il centro il storico c’è la grotta più importante e bella di Collepardo, una delle prime grotte che è stata visitata non solo dagli esploratori ma anche dai turisti. La famosa visita della regina Margherita di Savoia nel 1904 ha dato alla grotta il nome Grotta Regina Margherita. Molto prima, durante la media età del bronzo (1700-1350 a.C.) è stata utilizzata come luogo di sepoltura. Le indagini archeologiche hanno portato alla luce finora i resti di più di cento individui umani ed anche resti animali e reperti come vasi, strumenti in pietra e osso legati forse ad attività rituali. Le grotte di Collepardo sono oggi un importante sito di conservazione della grande colonia di pipistrelli che la abita.

C’era una volta il forno collettivo

Nel centro storico di Collepardo ci sono alcune case che presentano al piano terra la parete annerita sopra una finestra. Erano le case ad uso forno dove si cuoceva il pane per la collettività, i cosiddetti forni collettivi

In passato non c’erano i forni a gas o elettrici in tutte le case come oggi. Per fare il pane serviva un forno a legna. La preparazione del fuoco per il forno richiedeva tempo e legna ed era impensabile per una famiglia accenderlo per cuocere solo la pagnotta che le serviva. La cosa si risolveva nel modo più conveniente per tutti: si risparmiavano le energie di ciascuno facendo le cose insieme! Si accendeva un solo forno a legna per cuocere il pane di tutti.  

Come funzionava? 

Una persona addetta al forno preparava il fuoco e quando il forno stava per arrivare a temperatura avvisava urlando per i vicoli: appanate! appanate!  

Tutti, allora, si affrettavano a preparare la pagnotta e a portarla al forno. Sulla pagnotta ogni famiglia faceva un segno per riconoscerla dalle altre ed una volta cotto lo si andava a ritirare. 

Il pane di Collepardo era una pagnotta tonda fatta di farina, acqua e lievito madre a cui, a volte, si aggiungeva anche della patata per renderlo più morbido. 

L’orologio a sei ore

Il tempo, si sa, corrisponde al nostro modo di vedere le cose ma non c’è nessun grande orologio che batta il tempo dell’universo ovunque nella stessa maniera. 

Sulla parete nord della chiesa parrocchiale che si affaccia su Piazza della Libertà è conservato il quadrante dell’orologio a sei ore che in passato era posto sul campanile a scandire il tempo di tutta la popolazione.

Secondo l’antico sistema orario a 6 ore il giorno iniziava alle 6 della sera e non dalla mezzanotte come oggi, e si articolava in 6 ore ripetute 4 volte. Questo sistema chiamato all’italiana rimase in uso fino all’arrivo di Napoleone che introdusse il sistema orario a 12 ore.

La notte di San Giovanni

La Notte di San Giovanni è la festa del solstizio d’estate quando il sole raggiunge lo zenith e il giorno ha la durata più lunga dell’anno.  Le sue origini si perdono nel tempo. Nell’antico rito i maggiori elementi coinvolti sono il sole, evocato con il grande falò, e l’acqua, utilizzata per la preparazione della Guazza di San Giovanni. Le erbe di San Giovanni (fra tutte l’iperico, l’artemisia) interagiscono con questi elementi ed il tutto ha la funzione di allontanare la cattiva sorte, le avversità e migliorare la vita delle persone.

In passato la Notte di San Giovanni si festeggiava all’Orto dei preti, la zona a sud dell’abitato dove c’è uno slargo e gli orti racchiusi nelle mura. Un tempo in questi orti si coltivava quello che serviva per la sussistenza della comunità quando, nei momenti di pericolo, non si potevano raggiungere i campi esterni alle mura.

A Collepardo la festa è stata recuperata nel 1991 e da allora ogni anno, nella notte tra il 23 e il 24 giugno, viene rievocata con la finalità di conservare e far conoscere questo antico rito diffuso in tutta Europa di cui oggi rimangono sporadiche tracce.

Testi a cura di Luisa Montoni